L’ascolto attivo? Ha un solo segreto

Ciao, probabilmente, a qualche corso di formazione, avrai sentito parlare di “ascolto attivo”.

Messa così la cosa sembra un po’ sciocca: per quale motivo è necessario precisare che l’ascolto deve essere attivo?

Te lo spiego con un esempio.

Sei il titolare di un bar, ti si avvicina un tuo dipendente, desidera spiegarti che la macchina del caffè – senza la quale puoi anche tirare giù la serranda – a suo parere ha un malfunzionamento.

-Ascolto passivo-normale: ti metti in ascolto, recepisci, ma la tua mente, nel frattempo, sta prendendo in considerazione altri mille problemi, pertanto stocchi l’informazione in uno dei tanti cassetti del cervello e la inserisci tra le priorità da evadere.

-Ascolto attivo: lo guardi negli occhi, ti focalizzi esattamente sul contenuto che ti sta raccontando, interagisci con domande pertinenti, alla fine del breve dialogo sai già qual è la portata del problema, quali azioni devi porre in essere subito per risolverlo e quali potrai porre in essere domani. Il tuo interlocutore è soddisfatto in quanto ha percepito che tu sei stato attento, lo hai considerato e hai compreso il suo messaggio.

Credo tu abbia a questo punto capito per quale motivo, sia nella vita privata che in azienda, non è sempre possibile affidarsi all’ascolto tout court ed è bene passare alla modalità “ascolto attivo”.

È come se vi fossero due piani di comunicazione: uno è più efficace dell’altro, pertanto è bene allenarlo e usarlo il più possibile.

Quando usi l’ascolto attivo, la tua comunicazione è aperta, in quanto tu e l’altro soggetto state realmente dialogando. Questo significa che, di un problema, puoi osservare più sfaccettature, approfondire livelli più o meno superficiali.

Insomma, tu e l’altro soggetto vi muovete, non siete statici. Siete in relazione, in dialogo. Un dialogo che può risultare davvero prezioso in azienda, così come all’interno di un ristorante o di un locale.

Immagina le potenzialità di un team che lavora ascoltandosi, che con gli occhi recepisce il bisogno di un collega, che interviene e si modula a seconda del flusso dei clienti, senza che vi sia un “capo” che indirizza l’agire.

Immagina di capire davvero cosa il tuo interlocutore ti sta dicendo: liberato da ogni fronzolo, il messaggio si presenta in tutta la sua potenza.

Vuole un aiuto?

Vuole confidarti un segreto?

Vuole criticare il comportamento di un altro?

E tu?

Sei pronto ad ascoltare e intervenire?

Sei pronto a essere empatico, ossia a farti carico di quanto sta dicendo l’altro, mostrandogli che davvero ti interessa il discorso?

Questa non è magia da guru, è attenzione da esseri umani intelligenti. Che sanno trarre il meglio dal dialogo e mostrano di presidiare le informazioni e le relazioni che hanno con altri esseri umani.

Dove si impara l’ascolto attivo?

Da nessuna parte: devi e puoi esercitarti ogni giorno, ogni volta che una persona ti rivolge la parola.

Prova a proporre anche ai tuoi collaboratori questa forma di dialogo, in poco tempo anche la “veste relazionale” del tuo locale ne beneficerà. E anche i clienti si accorgeranno che qualcosa, tra voi è cambiato. In meglio.

Questo è l’unico, vero segreto dell’ascolto attivo.

Ti è mai capitato di modificare l’approccio che abitualmente utilizzi per parlare con le altre persone?

Hai notato dei miglioramenti?

Racconta di seguito la tua esperienza, aiutami a costruire la community dell’Horeca.

Ciao!

 

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